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Le persone con autismo ci insegnano la resilienza

In molte situazioni abbiamo imparato che il silenzio è qualcosa da evitare, forse perché può mettere a disagio o sembrare scortese. Un momento di silenzio può sembrare imbarazzante e le pause nella conversazione vengono rapidamente riempite. Questo accade spesso anche in ambito professionale, dove una cultura basata su chiacchiere e discorsi veloci viene spesso equiparata a impegno, sicurezza o persino competenza.

È ormai riconosciuto che le persone autistiche comunicano in modo diverso. Alcune potrebbero evitare le chiacchiere, impiegare più tempo a rispondere o preferire formati scritti o strutturati. Queste differenze sono talvolta interpretate erroneamente come disconnessione o riluttanza, quando in realtà sono tutt’altro che negative.

Questo cambiamento di mentalità non riguarda solo il sostegno ai professionisti con autismo, ma mostra una delle tante cose che le persone autistiche possono insegnarci. Per molti professionisti con autismo, il silenzio non è scomodo. È necessario. Permette di dare un senso a informazioni complesse, di ridurre il sovraccarico sensoriale o sociale e di contribuire in modo intenzionale e concreto. E soprattutto di non sentire la pressione di dover dire qualcosa di specifico per essere un buon dipendente.

Ricerche come The Double-Edged Sword of Diversity ci ricordano che i team diversificati danno il meglio quando le persone si sentono psicologicamente sicure di mostrarsi per quello che sono. Ciò significa anche dare spazio a una varietà di stili di comunicazione e rimuovere la pressione di mascherarsi. Quando il silenzio non è visto come un problema da risolvere, ma come una parte valida dell’interazione, i team diventano più inclusivi e spesso più efficaci.

È importante sottolineare che valorizzare il silenzio non significa essere distanti o disimpegnati. Significa permettere a noi stessi di stare insieme in silenzio, riconoscendo che, onestamente, molti di noi (probabilmente tutti noi, ad un certo punto) possono sentirsi mentalmente sovraccarichi dalle interazioni sociali. Stare insieme in silenzio può essere una forma di connessione che onora questa realtà.

Quindi, il silenzio può essere potente sia per le persone neurotipiche che per quelle neurodiverse. Il silenzio non è assenza di comunicazione. Può essere uno spazio per pensare, elaborare e rispondere con attenzione. Soprattutto in ambienti professionali frenetici, il silenzio può offrire qualcosa di raro: chiarezza. Offre anche spazio per la sicurezza, l’onestà e una migliore riflessione. Rallenta il ritmo quel tanto che basta per far emergere idee migliori.

Questo cambiamento di mentalità non riguarda solo il sostegno ai professionisti con autismo. Si tratta di rivalutare ciò che ci aspettiamo dalla comunicazione sul posto di lavoro. Cosa potremmo imparare se permettessimo a noi stessi e agli altri di rimanere in silenzio? Cosa cambierebbe se ci sentissimo più a nostro agio con un po’ di silenzio?

Fonte:

Russo, D., Rainer, A., & Stol, K.-J. (2023). The double-edged sword of diversity: How diversity, conflict, and psychological safety impact software teams. Information and Software Technology, 158, 107188. https://doi.org/10.1016/j.infsof.2023.107188